Scrivere – Il quadro e la cornice
Il quadro e la cornicerivere
Ancora prima di Tespi, nelle feste per l’arrivo di Dioniso, qualcuno saltava sulla tavola dove la vittima veniva fatta a pezzi e rispondeva al coro dei Satiri. Dal dialogo che ne veniva fuori si capiva che questa figura era il nemico del dio.
Il concetto prodotto dall’orientamento adesso appare chiaramente come qualcosa dotato di vita parziale. Qui il linguaggio domina la realtà, anzi vi si sostituisce, preoccupandosi solo di sottolineare il senso della relazione orientata. Ma il vero, la cosa, viene tenuta lontana. La parola è quindi quella che il controllo dell’immediatezza vuole che sia.Ogni parola suona perme, per quello che io sono, non esiste di per sé se non come oggetto prodotto e contenuto nel cimitero delle parole. Io posso prenderla e usarla, quindi nominare la realtà, costruendo un concetto che avrà la vita grama dell’accumulo, tutto qui.
Il linguaggio assolve essenzialmente a questo compito di dominio e di controllo. Direttamente non posso orientare verso la qualità, non esisterebbero parole per nominarne il risultato. Diventerei cieco emuto. La paura mi ucciderebbe. E siccome non voglio morire, anzi in tutto quello che faccio voglio riconfermare la mia volontà di vita, mi circondo di segni di certezza, di simboli confortanti. La parola non può costruire che concetti dell’orientamento. Per fare dell’altro, sempre con la parola, la coscienza deve vivere diversamente, una diversa esperienza, l’esperienza della cosa. Deve cioè scoprire che sta dietro il processo produttivo, deve andare alla ricerca della tensione perduta.
Il concetto dell’orientamento è un concetto reale, e come tale una volta pensato diventa un oggetto, di una realtà parziale, tagliata in due parti. Esso rappresenta realmente una parte della realtà, per cui è adeguato solamente alla vita che conduco nel campo, vita tagliata e ridotta, ma sempre indispensabile per rendermi conto del fatto che essa è tagliata e ridotta. Maman en chemise toute nue.
Come strumento di conoscenza questo tipo di concetto è molto modesto, ma serve egregiamente nella prospettiva dell’utile. Non ha alcuna importanza che questo concetto non sia vero se può essere inserito in un sistema che si basa sulle approssimazioni progressive. Allo stessomodo non ha importanza che non sia bello se piace a coloro che lo usano perché in grado di provvedere a una qualche utilità. La cornice aiuta a comprendere.
E così per la bontà nel senso etico, quel concetto non saràmai in grado di esprimerla ma il fatto sarà privo d’importanza in quanto il bene nel mondo retto sulle regole e i protocolli del campo è basato sempre sullo scopo che si vuole raggiunge. Per tutti questi motivi quel concetto sarà un concetto controllato, cioè sottoposto alla supervisione della volontà di nominare, espressione eminente della volontà di controllo, ed essendo un concetto controllato non potrà essere libero. Ma che è mai la libertà in un mondo come questo? Non è qui il caso di elencare i corrispondenti residui di valore. Ognuno può farlo a piacimento. Per arrivare a un progetto di qualità bisogna sfuggire al controllo della volontà, riuscire a ingannarla spinti dalla necessità e dal bisogno, stimoli che solo l’inquietudine determina nella coscienza immediata. Questo inganno è di già viaggio nella cosa, percorso della desolazione, sconvolgimento degli assetti di cautela.
Gibran Kahlil Gibran ha scritto: “Oltre alla mia solitudine c’è un’altra solitudine. Per chi vi dimora il mio isolamento è un mercato affollato e il mio silenzio una confusione di suoni”. L’orientamento dell’esperienza della realtà, cioè la narrazione di quanto accaduto nell’oggettivamente altro, è processo trasformativo che avviene nelmondo, non conquista definitiva,ma nemmeno semplice ripetizione dei gesti produttivi qui codificati. Il punto culminante dell’effettualità altra è di già tramontato da un pezzo.
Nel territorio della realtà coglievo movimenti e condizioni che prima non potevo neanche immaginare. In quel momento capivo veramente la vita e ne sentivo l’intimo respiro dentro di me.Non posso dopo narrare questa esperienza con le parole, in quanto non ci sono parole per pensare quella condizione, ma posso provare a cogliere veramente il profumo della qualità che, prima di ogni altro aspetto, è libertà. Il viaggio nella realtà è prima di tutto un’esperienza di libertà. Quando guardo un quadro, semi piace, essendo coinvolto inmodo assoluto, in quel precisomomento, io sono realmente libero e quello che realizzo non è più un semplice fare ma, sia pure per un attimo, diventa il mio agire, libero e totale. Di questo agire avrò cognizione conoscitiva solo nel campo, successivamente all’orientamento diquella esperienza.
Il concetto prodotto nell’accumulo ha invece le caratteristiche della corrispondenza. Io mi sonomesso da parte e oriento di fronte a me un qualcosa della cosa. Il mio ideale è l’accordo tra la nominazione e il senso del qualcosa orientato. Più la mia cultura è ampia più sono in grado di catturare il senso di quello che mi sta davanti. Nello specifico uno specialista della pittura fiamminga farà prima e meglio di me a individuare un quadro di quell’epoca. Ma, proprio per questa sua specializzazione, avrà maggiori difficoltà di fronte a un altro oggetto che gli si profila davanti.
La cultura è quindi elemento importante della concettualizzazione, ma ha anche i suoi limiti. Più scendo nei dettagli della precisazione più l’accumulo mi rinvia un insieme impreciso di elementi che il senso farà fatica a unificare in un concetto nominabile con precisione. Non posso riprodurre concettualmente gli elementi che propongoall’unificazione del senso, non posso fissare un’identità tra senso e elementi dell’esperienza nel campo. Se il concetto è un simbolo questo deve cercare la sua fondatezza non nell’identità con l’oggetto che vuole produrre, ma nella corrispondenza, e quindi nel pieno rispetto, delle regole e dei protocolli. Se questo accordo è perfetto, il concetto è conchiuso, anche se la rappresentazione è imprecisa. L’adeguamento alla produzione avviene difatti quasi sempre dopo. La capacità orientativa è sufficiente per dare vita al concetto. Una volta che questo rispetta le regole resta fisso in se stesso, cristallizzato in quanto oggetto e può venire riprodotto, utilizzato, venduto, insomma come avviene per un qualsiasi altro oggetto. Se l’oggetto ha il proprio fine nel raggiungimento dell’utilità specifica che gli compete, il concetto ha il proprio fine nell’aderenza alle regole, soltanto indirettamente quindi il proprio fine diventa quello dell’utilità come qualsiasi altro oggetto.
Per i Persiani il sole era l’occhio di Ahura Mazda.
G. C.
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