Le lettere scarlatte – Recensione Inferno
Le lettere scarlatte – Recensione al libro Inferno
Inferno di Ivan Buttazzoni
Un suono vetusto accompagna tutta la storia, note scandite dall’atmosfera di un clavicembalo evocano avventure e intrighi di un acerbo passato, mentre la vita sembra palpitare in un’epoca senza luogo e senza tempo. Perché non sempre un viaggio è l’avventura nello spazio ed è scandito da istanti, ore, anni. Il percorso del fascinoso protagonista, Manuel, si dilata in un tempo tutto suo e in uno spazio che non ha regole, pareti o padroni. I monasteri e i conventi che si ergono su fiumi e rupi, le sale che ospitano danze e riti orgiastici, le stanze in cui si consumano amplessi e amori finiti e infiniti, sono simboli, rappresentazioni, metafore. Nessuna scansione in bianco e nero della vita, ma un’esplosione di tetri colori in cui si dispiegano quelle contraddizioni, facili e complesse, in cui un animo curioso ed ostinato prima o poi incappa. Le vediamo erompere in ogni amore sbocciato, offesa ricevuta, tradimento compiuto. Una molteplicità di attori pullula la scena, morti che respirano, uomini vivi con le bocche serrate, fantasmi e sinuose figure dagli occhi così grandi da divorare lo sguardo di chi, chinandosi sulle pagine del libro, è pronto a lasciare fuori credulità e raziocinio, abbandonandosi al succedersi delle gesta e alle avventure di un inusuale pellegrino. Manuel è debole e forte, ingenuo e callido, lo vediamo precipitare fra veleni onirici e labirintiche veglie risorgendo dalle proprie stesse ceneri.
L’autore, al centro del palcoscenico, divertendosi come in un moderno ballo di Sfessania, gioca con il lettore, con i suoi personaggi e con se stesso. E lo fa scegliendo immagini ombrose che rimandano al lato tenebroso dell’esistenza. Ma è tenue il suo tocco nel narrare questa storia solo apparentemente feroce. Li vediamo danzare, Manuel ed Ivan, mentre se ne vanno, tristi e contenti, ora con passo certo, ora raminghi, ad esplorare quel loro mondo che all’orizzonte scorge la notte, ma vive, in fondo, avvolto in una fulgida nuvola. E giungono, infine, lo squittire dei topi e il miagolio di un gatto pronti ad infrangersi, come il bene ed il male, nello stesso specchio d’acqua.
Mariangela Vella
Per saperne di più:
Inferno Recensione Un suono vetusto accompagna tutta la storia, note scandite dall’atmosfera di un clavicembalo evocano avventure e intrighi di un acerbo passato, mentre la vita sembra palpitare in un’epoca senza luogo e senza tempo. Perché non sempre un viaggio è l’avventura nello spazio ed è scandito da istanti, ore, anni. Il percorso del fascinoso protagonista, Manuel, si dilata in un tempo tutto suo e in uno spazio che non ha regole, pareti o padroni. I monasteri e i conventi che si ergono su fiumi e rupi, le sale che ospitano danze e riti orgiastici, le stanze in cui si consumano amplessi e amori finiti e infiniti, sono simboli, rappresentazioni, metafore. Nessuna scansione in bianco e nero della vita, ma un’esplosione di tetri colori in cui si dispiegano quelle contraddizioni, facili e complesse, in cui un animo curioso ed ostinato prima o poi incappa. Le vediamo erompere in ogni amore sbocciato, offesa ricevuta, tradimento compiuto. Una molteplicità di attori pullula la scena, morti che respirano, uomini vivi con le bocche serrate, fantasmi e sinuose figure dagli occhi così grandi da divorare lo sguardo di chi, chinandosi sulle pagine del libro, è pronto a lasciare fuori credulità e raziocinio, abbandonandosi al succedersi delle gesta e alle avventure di un inusuale pellegrino. Manuel è debole e forte, ingenuo e callido, lo vediamo precipitare fra veleni onirici e labirintiche veglie risorgendo dalle proprie stesse ceneri.
L’autore, al centro del palcoscenico, divertendosi come in un moderno ballo di Sfessania, gioca con il lettore, con i suoi personaggi e con se stesso. E lo fa scegliendo immagini ombrose che rimandano al lato tenebroso dell’esistenza. Ma è tenue il suo tocco nel narrare questa storia solo apparentemente feroce. Li vediamo danzare, Manuel ed Ivan, mentre se ne vanno, tristi e contenti, ora con passo certo, ora raminghi, ad esplorare quel loro mondo che all’orizzonte scorge la notte, ma vive, in fondo, avvolto in una fulgida nuvola. E giungono, infine, lo squittire dei topi e il miagolio di un gatto pronti ad infrangersi, come il bene ed il male, nello stesso specchio d’acqua.
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